giovedì 3 ottobre 2013

AAA Cercasi aspiranti giocatrici di Rugby.



La societa' Amatori Rugby Montegiorgio cerca aspiranti giocatrici di Rugby dai  7 anni ai 42 anni.
Non ci interessa il fisico,la statura,la fede politica e la situazione sentimentale,ma  cerchiamo appassionate e non che vogliono provare questo nobile sport.
Per info non esitate a contattarci.

mail: mondorugbystico@gmail.com
          331/7801458   340/4867382   



venerdì 27 settembre 2013

mercoledì 25 settembre 2013

Ottimo avvio di attivita' 'per l'Amatori Rugby Montegiorgio.

Buon inizio il 24/09/2013 per il settore giovanile dell'Amatori Rugby Montegiorgio ,10 tra bambini e bambine presto online ache le foto.
Vi aspettiamo giovedi 26/09/2013 ore 18:30.


mercoledì 18 settembre 2013

Il rugby fa bene ai ragazzi, parola di sociologo

Riportiamo le riflessioni di un noto sociologo, Antonio Franceschi, il quale sottolinea l'importanza e l'utilità di uno sport capace di trasmettere ai giovani valori sani e altamente formativi.

Lo sport è quell’insieme di attività fisiche e mentali che mirano al raggiungimento e al mantenimento, per l’essere umano, di una buona condizione fisica e mentale. Per i ragazzi lo sport assume un valore fondamentale, perché aiuta a crescere sani e può garantire un contesto sociale e relazionale privilegiato.
Il rugby è uno sport di squadra che privilegia la socialità e il valore del gruppo. Chi già conosce questo sport sa che non si vincono le partite se non si gioca tutti insieme, se non si raggiunge un’armonia che coinvolge tutti i membri della squadra.
Le regole che lo contraddistinguono sono indiscutibili come è indiscutibile il valore delle squadre avversarie. Non esistono mezzi termini per giustificare le sconfitte subite. Esse vanno accettate e servono da stimolo per migliorare il gioco di gruppo.
I ragazzi imparano presto a capire che per quanto siano forti e veloci non possono battersi da soli contro la squadra avversaria. Hanno bisogno del sostegno dei propri compagni e ognuno può concorrere per la vittoria in base alle proprie qualità e capacità.
Il rugby è uno sport in cui forza, agilità e velocità sono fondamentali e molto difficilmente queste qualità si trovano racchiuse in una sola persona. Nel rugby c’è bisogno del giocatore forte e di quello veloce, ma anche della persona astuta che riesce a capire il gioco della squadra avversaria a sostegno dei propri compagni.
In altri termini c’è spazio per tutti, a patto che vi sia l’impegno e la voglia di essere in sintonia con i proprio compagni. Il rugby assume un valore importantissimo per quei ragazzi che non riescono a canalizzare tutta la loro energia e che, per questo motivo, incontrano problemi sociali di varia natura.
Molti ragazzi troppo esuberanti sono riusciti ad investire nel rugby la loro energia in eccesso e sono diventati dei punti di riferimento per i propri compagni di squadra. Viceversa molti ragazzi con poca fiducia nelle proprie capacità, hanno trovato nei propri compagni la sicurezza necessaria per superare i propri complessi e le proprie paure.
"Nel Rugby cede l'agonismo individuale, il virtuosismo del singolo, per lasciare il posto all'ascesa del "gruppo" nel quale le competitività individuali, prima si compongono, poi si fondono, risolutive, secondo schemi prestabiliti, traducendo i contributi e le capacità di tutti nella storia dell'evento. E' questa vita di "gruppo" una caratteristica specifica del rugby. Viverla significa tendere verso quella finalità formativa che sta tanto a cuore alle comunità sane, perché essa finalità ha come supporto una genuina educazione alla socialità" ( Da " SPORT E PERSONALITA' VALORE EDUCATIVO DELLO SPORT - IL GIOCO DEL RUGBY " di Giannino Scuderi e Aldo Invernici - 1982)
Per questo motivo il rugby ha le carte in regola per svolgere per i giovani un ruolo sociale ed educativo importantissimo, soprattutto nei contesti urbani e sub-urbani degradati dove i ragazzi faticano a trovare punti di riferimento e modelli adeguati.
In questo senso il rugby con la sua etica, le sue regole e la valorizzazione del gruppo, può costituire un riferimento sicuro che può guidare i ragazzi ad eccellere se opportunamente supportati.
Lo sport deve tornare ad essere un modello positivo per i giovani. Deve recuperare la dimensione etica e morale che in molti casi ha perduto a causa dei forti interessi economici.
Deve soprattutto tornare pulito, perché solo così può riacquistare l’autorevolezza necessaria per proporre ai giovani dei percorsi di crescita, per costruire una società migliore.
Per concludere ritengo che investire nel rugby oggi, vuol dire soprattutto investire nei giovani e quelli che frequenteranno gli ambienti del rugby, il campo, le attrezzature, la club house (dove si svolge il famoso terzo tempo,in cui la squadra vincente e quella perdente condividono un pasto in amicizia ed allegria) molto probabilmente eviteranno, o frequenteranno meno, i posti dove l’alcool, le droghe e la trasgressione sociale la fanno da padrone, come spesso e tristemente leggiamo nelle pagine di cronaca.

ilquotidiano.it

Giochi di squadra: quale scegliere?

Minirugby scuola di vita


Per un bambino giocare a rugby è un vero e proprio spasso: corre con la palla in mano, acciuffa l'avversario e si rotola per terra. Trattandosi di uno sport di contatto i piccoli giocatori si abituano a dare e ricevere colpi, ma questo non significa che si tratti di un'attività pericolosa, anzi: chi pratica rugby ha buone probabilità di evitare traumi in età giovanile e sviluppa un profondo rispetto per l'avversario. Anche in questo caso è buona norma iscrivere i bambini a partire dai 7 anni e contrariamente a quanto si possa pensare non è necessario avere statura e peso sopra la norma per diventare un grande giocatore. Generalmente le prime lezioni danno la possibilità ai piccoli di imparare a correre con la palla, bloccare l'avversario e superare la linea di meta. Il minirugby permette al bambino di acquisire il concetto di disciplina e di autocontrollo, diventando così una piccola scuola di vita utile per la sua crescita. Questa attività sviluppa sia la resistenza sia la velocità, consentendo quindi ai piccoli giocatori di sperimentare esercizi aerobici e anaerobici.

alfemminile.com

Attraverso il rugby insegno ai bambini il vero senso dello sport


Il rugby alle elementari per insegnare il fair play, la correttezza e il rispetto nello sport. «Perché, come dico sempre ai miei bambini, dall’altra parte della palla non c’è l’avversario, ma il compagno di gioco. In campo si deve cercare la vittoria ma senza mai prevaricare. Finiti i due tempi dell’incontro nel rugby c’è infatti il “terzo tempo”, che incarna e spiega lo spirito di questo sport, quel “terzo tempo” in cui i giocatori delle due squadre vanno a mangiare e a festeggiare insieme». Walter Brandani (www.walterbrandani.it), autore di saggi su scuola ed educazione, insegna alla primaria di Cogliate (Mb) e da cinque anni allena una squadra formata dai bimbi della sua e delle altre classi delle elementari. Un’esperienza unica in Lombardia, che ha fatto sbocciare in tanti giovanissimi l’amore per lo sport nella sua accezione più bella e sana.
Come è nato questo progetto?
«Il progetto è scaturito dal desiderio di avvicinare i bambini alla pratica sportiva, e di farlo nel modo giusto. Il rugby è uno sport che amo e che mi consente di trasmettere i sani principi del rispetto, della lealtà e dell’amicizia. E’ stato così naturale per me proporlo ai bambini della mia classe e di tutta la primaria dell’Istituto “Battisti”: i piccoli possono partecipare a uno o due allenamenti pomeridiani alla settimana, in palestra o al campo sportivo, e l’iniziativa è gratuita».
Un’idea inusuale, come è stata accolta?
«All’inizio con qualche esitazione. Poi gli alunni che hanno provato si sono divertiti ed è partito il passaparola. I genitori hanno apprezzato soprattutto il fatto che il risultato non fosse la cosa più importante, come succede nelle società sportive. Nella squadra della scuola l’obiettivo è lo sviluppo psicofisico del bambino, quindi giocano tutti, bimbi e bimbe, più bravi e meno bravi, per divertirsi e stare insieme. In due anni il progetto è decollato, tanto che la Federazione Italiana Rugby ha riconosciuto la squadra dei piccoli scorpioni di Cogliate (lo stemma scelto dai bimbi) dando loro la possibilità di gareggiare con le società sportive. Anche se i miei giocatori in campo non mi chiamano allenatore, ma maestro. E’ l’unica esperienza di questo tipo in Lombardia: non una società sportiva che entra nella scuola, ma la squadra della scuola che si sostituisce alla società, e oggi abbiamo una cinquantina di bambini che si allenano».
Mamme e papà non hanno paura che i loro figli possano farsi male in uno sport nel quale il contatto fisico è così diretto?
«No, non più di tanto. In cinque anni nessun bambino ha mai avuto infortuni in campo anche se qualche colpo è inevitabile e ogni tanto si deve star fermi una domenica».
Dopo le partite anche voi fate il “terzo tempo”?
«Naturalmente. Il rugby è uno sport di contatto e proprio per questo, come tutti gli sport di contatto, richiede un grande rispetto. Purtroppo spesso nello sport si pensa solo a vincere. Non deve essere così: come si gioca, come ci si comporta in campo è più importante. Spesso sono proprio i genitori a spronare i bambini, a volere dei piccoli campioni, soprattutto nel calcio. Nel rugby per fortuna i genitori all’inizio capiscono poco, e quando iniziano a capire entrano anche loro nello spirito di questa disciplina, che è appunto quello del fair play. Certo che facciamo il terzo tempo: le due squadre dopo l’incontro fanno una bella merenda insieme. E siccome il minirugby non è così conosciuto capita anche che una squadra non abbia abbastanza giocatori per scendere in campo, e allora il team “avversario” presta qualche giocatore e la partita si fa lo stesso: l’importante è divertirsi insieme».
 
Sport e scuola, come vede la realtà italiana?
«Purtroppo siamo all’età della pietra, sia per quel che riguarda la cultura dello sport sia per quel che riguarda le strutture. Mancano spazi e tempo: ci sono scuole primarie che non hanno palestre e l’educazione fisica è relegata a due misere ore alla settimana. Poi molto dipende dagli insegnanti, dalla loro preparazione e motivazione. Nei Paesi anglosassoni le cose sono diverse, lo sport per i ragazzi significa soprattutto scuola, le società vengono dopo. Eppure sarebbe così importante per i bambini muoversi e allenarsi, soprattutto oggi: un tempo i ragazzini giocavano in cortile, si spostavano a piedi o in bici… oggi i giochi di cortile sono quasi spariti e i genitori hanno spesso paura – anche a ragione – di mandare in giro i figli da soli. E così i bambini non si muovono più, e anche l’apprendimento può diventare più difficoltoso, spesso i piccoli che non fanno attività fisica diventano più pigri anche sul piano intellettuale».
Che cosa consiglierebbe a un genitore che vuole far praticare uno sport a suo figlio? Come scegliere? Come orientarsi?
«Credo che la cosa più importante non sia scegliere il tipo di disciplina ma le persone: ci si deve assicurare che si tratti di un ambiente positivo, che aiuti il piccolo a riflettere sulle regole, sulla sconfitta, sul valore della gara, che gli dia l’opportunità di confrontarsi con valori quali l’amicizia, la solidarietà, la lealtà, la fiducia in sé e negli altri. Se il bimbo capita in un ambiente negativo, se viene umiliato perché la sua prestazione non risponde alle aspettative può allontanarsi dallo sport, perdendo un’occasione importante. Proprio questi argomenti verranno affrontati il 13 aprile alle 21, al Centro culturale “Ferraroli” di Cogliate di piazza Giovanni XXIII, nella conferenza “Educare con lo sport”. Relatore sarà Raffaele Mantegazza, professore di Pedagogia all’Università di Milano Bicocca. In questo incontro vorremmo riflettere su come i più piccoli vivono lo sport chiedendoci, soprattutto, se ci sono e quali sono le proposte sportive davvero a misura di bimbo».

Laura Zoccoli
cheforte.it

venerdì 13 settembre 2013

Ippodromo e palla ovale si incontrano

MONTEGIORGIO - L’Amatori Rugby Montegiorgio utilizzerà il “San Paolo”
Uberto Frenquellucci



Può il mondo dell’ippica classica sposare quello del rugby? Assolutamente sì. L’allenatore Nicola Paragona, ma anche Cinzia Romanelli e Betty della “Asd Jocker” debbono aver pensato questo quando, da un’idea rinforzata anche da Alessia Mattii, hanno siglato l’accordo fra l’Ippodromo “San Paolo” e la società sportiva “Amatori Rugby Montegiorgio”, per una collaborazione in vista della stagione sportiva 2013/2014: “Vogliamo dare l’opportunità, a ragazzi e ragazze - dichiara l’allenatore Nicola Paragona - di prendere parte a quello che reputiamo essere un bel progetto, finalizzato a portare il rugby a Montegiorgio e nei paesi limitrofi, attraverso la costituzione di un Settore Giovanile, maschile e femminile, che abbracci formazioni dall’Under 6 all’Under 18”.
Idea ambiziosa, che ha subito trovato cornice ideale all’interno dell’Ippodromo “San Paolo” di Montegiorgio: “Gli allenamenti si svolgono in palestra, coperta e riscaldata, del liceo “Medi” di Montegiorgio e nel campo antistante la pista - prosegue Paragona - mentre la Sala Ristorante è sede naturale ove dare vita al famoso “terzo tempo” e luogo di ritrovo per la visione delle gare del “Sei Nazioni”. Prevista anche una sala adibita a doposcuola ove far svolgere i compiti a bambini e ragazzi dalle scuole medie alle superiori, grazie alla collaborazione con l’Associazione ASD Joker: “L’idea del rugby all’ippodromo è nata sin già dal 2009. Poi sono andato ad allenare a San Benedetto del Tronto e l’iniziativa era stata accantonata. Tornato a Montegiorgio, l’idea è tornata a balenarci in testa e, insieme al direttivo, l’abbiamo realizzata. Adesso…eccoci qua, pronti per una stagione che prenderà il via il 24 settembre con allenamenti ed incontri amichevoli con i pari età delle realtà regionali come Fermo, San Benedetto del Tronto o Ascoli Piceno”.
Va da se che, prima ancora di farli ben figurare in campo, il compito che spetta al coach Paragona e ad i suoi collaboratori è di quelli da sottolineare. Un onore, infatti, sarà per loro insegnare ai piccoli praticanti quelli che sono i punti cardine della filosofia rugbystica: il rispetto delle regole, dei compagni, degli avversari, lo spirito di collaborazione, la fiducia in se stessi, il superamento della paura del contatto e lo sviluppo delle capacità coordinative e condizionali. Progetto nobile: buon lavoro a tutti.

corrierenews.it